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La sindrome da sospensione inerte

Luglio 08, 2015 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

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La sindrome da sospensione inerte o ““Harness Hamg Syndrome o Suspension Trauma” può colpire i soggetti che operano su fune, a prescindere dal loro effettivo ed antecedente stato di salute e dalla tipologia di imbracatura utilizzata (full body o torace o “la vita”).

Si può manifestare anche solo dopo pochi minuti dall’effettivo incidente, con effetti visibili quali la perdita di conoscenza dell’incidentato ed il successivo arresto respiratorio, originata dalla sospensione e immobilità del corpo del soggetto imbracato, che determina il “sequestro” del sangue agli arti inferiori con mancato ritorno al cuore per abolizione della “pompa muscolare” e possibile effetto di compressione dei cosciali. In alternativa la perdita di conoscenza può essere determinata anche da un trauma accidentale in fase di caduta e/o da un trauma occorso a seguito di caduta di materiale dall’alto sul soggetto sospeso.

Il trauma accidentale in fase di caduta deriva dal cosiddetto “effetto pendolo” il cui rischio deve essere analizzato anche in fase progettuale per le Regioni/Province Autonome ove è attualmente in vigore l’obbligo normativo di installazione di sistemi anticaduta per opere in copertura.

La caduta infatti può determinarsi con due tipologie aventi gradi di rischio ben diversi e può essere prevista/ consapevole oppure imprevista; per il primo caso il soggetto ha la possibilità seppur per un tempo infinitesimale, di rendersi conto prima dell’immediata conseguenza, riuscendo così a cercare di evitare movimenti scoordinati, diminuendo in modo consistente la possibilità di lesioni gravi. Per la caduta imprevista non vi è possibilità di reagire in via preliminare e la stessa quindi può comportare un alto rischio lesivo.

Il soggetto incidentato, comunque in assenza di traumi evidenti dovuti alla caduta a prescindere che essa possa essere stata “prevista” o “imprevista”, può manifestare sintomi di allarme quali: sudorazioni, vertigini, oppressione toracica, nausea, malessere generale, ecc. veri e propri allert che porteranno nell’arco di alcuni minuti allo stato di shock del soggetto ed alla successiva perdita di conoscenza fino all’ischemia celebrale a distanza di qualche minuto.

Lo sviluppo della sindrome in un tempo così limitato e l’esito mortale della stessa rende necessario l’immediato monitoraggio del soggetto contestualmente alla chiamata dei numeri di emergenza. Quest’ultima opzione però deve essere accompagnata da una procedura di autosoccorso predeterminata, proprio perché le tempistiche di attesa potrebbero comportare la perdita della vita del soggetto o comunque danni irrimediabili al corpo dello stesso.

Questo aspetto rende particolarmente delicati gli interventi svolti da lavoratori autonomi; in questi casi infatti è in capo al Committente l’onere della vigilanza e dell’attivazione del soccorso ed è chiaro che mentre un’impresa deve avere la capacità tecnica, formativa ed informativa del proprio personale su tali rischi e procedure da attivare per il soccorso, questo non può essere possibile con una committenza che comunemente tende ad ignorare anche l’aspetto elementare di vigilanza e attivazione dei soccorsi.

Nel download è disponibile la documentazione prodotta dall’Università degli Studi di Milano Bicocca in merito al Progetto “SOSPESI” condotto da un gruppo di 8 ricercatori presso l’Ambulatorio di Fisiologia Clinica e dello Sport della stessa Università, relativo alla possibilità di insorgenza di sindrome da sospensione inerte in lavoratori e arrampicatori che utilizzano l’imbracatura.

[Tratto da: La sindrome da sospensione inerte ]

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