
Lanciare il sasso, e nascondere la mano. Inviare un SMS, e nascondere la propria identità. Due diversi modi di attaccare. Due diversi modi di colpire e ferire. Un solo, però, unico intento: far del male. Di questo si tratta quando si parla di Cyberbullismo. Un fenomeno che sempre più, oggi giorno, si sta diffondendo a livello planetario, inserendosi in un quadro di profondi mutamenti degli scenari sociali e comunicativi. Il termine bulling fu coniato dall’educatore canadese Bill Belsey (2002) e ripreso poi da Peter K.Smith e collaboratori, che proposero una definizione del termine molto legata al concetto di bullismo tradizionale: “atto aggressivo, intenzionale, condotto da un individuo o da un gruppo di individui usando varie forme di contatto elettronico, ripetuto nel tempo contro una vittima”. E in letteratura, si stenta ancora a pronunciarsi sul dilemma se i bulli e i cyberbulli siano gli stessi soggetti. Dì fatto, dietro un mezzo tecnologico si può nascondere chiunque. Una figura alla quale non sono più richieste determinate caratteristiche fisiche. Il bullo, è un “Davide” che ha a sua disposizione una vasta gamma di strumenti tecnologici che gli permettono di raggiungere la sua vittima in ogni istante, rendendo obsoleto il temuto bullo di quartiere. Attraverso l’uso d’internet e del telefonino, è possibile fare prepotenze di tutti i tipi, soprattutto oggi che ci troviamo nell’era web 2.0. Un’era in cui le interazioni sito-utente (blog, forum chat ecc.) sono molto diffuse e di moda, e dove per chiunque è facile ottenere informazioni riguardanti la sfera privata. Lì il bullo, grazie anche all’anonimato del web, agisce indisturbato, troppo spesso avallato dal silenzio-assenso degli altri utenti. E mentre un tempo, dal bullo ci si poteva in qualche modo nascondere o si era colpiti solo in determinati luoghi (scuola, parco, posti pubblici in generale), nel cyberspazio, non ci sono più confini e in ogni momento si può essere la vittima scelta da qualcuno. Un qualcuno che colpirà in modo subdolo e devastante, infliggendo indelebili ferite. E questo più che i dati statistici, lo confermano le fragili anime che, davanti alla pubblica gogna virtuale, non sono state in grado di reagire e hanno trovato come unica via d’uscita il suicidio. Un suicidio indotto che non porterà mai, nella maggior parte dei casi, ai nomi dei colpevoli.
Studi sul fenomeno hanno cercato di tracciare le caratteristiche tipiche del bullo, focalizzando l’attenzione su variabili come la classe sociale, la famiglia e la personalità. Variabili non in grado però di stereotipare un fenomeno che taglia trasversalmente le classi sociali. Una minaccia incontrollabile della moderna e progredita società, che stenta a trovare una causa o una motivazione che delimiti il problema o in qualche modo lo circoscriva. Un problema che preoccupa la comunità scientifica più per la sua gravità e violenza, che per la sua incidenza (Menesini).
Celati dietro un nickname o un avatar, che gli permettono di operare nel web indisturbati, i cyberbulli colpiscono per una pura sensazione di dominio sulla vittima, e per garantirsi una supremazia nel gruppo dei pari. Persi in questa costruzione deviata del proprio sé, si muovono nella “non realtà tecnologica” coscientemente, ma senza alcuna consapevolezza emotiva. Questo perché agendo di nascosto, non sono coinvolti, non vedono la reazione della loro vittima e non conoscono fino in fondo le conseguenze delle loro azioni che, come ad esempio il sexting (invio d’immagini e testi sessualmente espliciti) si può considerare come una vera e propria minaccia digitale. E questo, come già accennato sopra, accade proprio a causa della leggerezza con cui oggi, si aprono le porte del proprio vissuto. Un obbligo dal quale sembra difficile esimersi. E condividendo pensieri e immagini di se stessi, si abbattono i confini tra il proprio mondo interiore e il mondo web. Un mondo, quest’ultimo, troppo difficile da poter tenere sotto controllo, specie oggi che regole precise, in questo campo, non sono state ancora dettate. Ad esempio in Italia, in queste settimane, il Presidente della commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, sta proponendo una norma adeguata al Bullismo, cercando di introdurre un reato specifico e corsi di prevenzione. Si sta pensando di applicare misure più incisive graduate in funzione dell’età: DASPO di telefonini (divieto da parte dei bulli di usare i telefonini), confisca dei computer, sanzioni penali. Il tutto con l’intento di scoraggiare certi comportamenti che, se non vietati dalla legge, sembrano legittimarsi solo perché diventati di uso comune. Legittimo far finta di niente e stare a guardare. Legittimo prendere in giro. Legittimo calunniare.
Dott.ssa Tania Nardi