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Archive for Ottobre, 2018

Lavoro intermittente e lavoro straordinario, interpello n.6/2018

Ottobre 29, 2018 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

L’Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio (A.N.I.S.A.) ha formulato istanza di interpello al fine di conoscere il parere di questa Amministrazione in ordine alla possibilità di non applicare al lavoratore intermittente la disciplina contenuta nel decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 in materia di orario di lavoro nel caso venga effettuato lavoro straordinario eccedente le 40 ore settimanali.
In particolare, viene chiesto se in tale ipotesi sia possibile erogare unicamente il controvalore per la prestazione svolta come se si fosse in regime di orario ordinario di lavoro e non anche la maggiorazione per lavoro straordinario prevista dalla contrattazione collettiva.
Acquisito anche il parere dell’Ispettorato nazionale del lavoro e dell’Ufficio legislativo di questo Ministero, si rappresenta quanto segue.
Al riguardo si evidenzia che il decreto legislativo n. 66 del 2003 definisce lavoro straordinario quello prestato oltre il normale orario di lavoro pari a 40 ore settimanali, o altro definito dai contratti collettivi, senza prevedere una durata massima giornaliera dell’orario di lavoro. Lo stesso decreto legislativo stabilisce che il ricorso a prestazioni di lavoro straordinario deve essere contenuto, con la
possibilità per i contratti collettivi di regolamentare le modalità di esecuzione delle prestazioni di lavoro straordinario, fermi restando i limiti di durata massima settimanale dell’orario di lavoro.
Con riferimento al campo di applicazione della disciplina in materia di orario di lavoro, si osserva che, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, punto a) del citato d.lgs. n. 66, è orario di lavoro “qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni”. Tale disciplina, quindi, si applica a tutte le forme di lavoro
subordinato con riferimento ai tempi in cui il lavoratore è a disposizione del datore di lavoro, fatte salve le esclusioni espressamente contemplate agli articoli 2 e 16 del medesimo decreto legislativo n. 66 del 2003.
Il decreto legislativo n. 81 del 2015, analogamente al previgente decreto legislativo n. 276 del 2003, nel disciplinare l’istituto del lavoro a chiamata prevede che il trattamento economico del lavoratore intermittente sia regolato dal principio di proporzionalità, ossia deve essere determinato in base alla prestazione effettivamente eseguita, e dal principio di non discriminazione. L’articolo 17 del medesimo d.lgs. n. 81 del 2015 stabilisce, al comma 1, che il lavoratore intermittente non debba ricevere per i periodi lavorati un trattamento economico e normativo complessivamente meno favorevole rispetto al lavoratore di pari livello e, al comma 2, che nei suoi confronti trovino
applicazione in misura “proporzionale” gli istituti normativi tipici del rapporto di lavoro subordinato, per quanto riguarda l’importo della retribuzione globale e delle singole componenti di essa, delle ferie, dei trattamenti per malattia e infortunio, congedo di maternità e parentale.

In proposito, la circolare di questo Ministero n. 4/2005, nel fornire i primi chiarimenti e indicazioni operative con riferimento alla previgente disciplina del lavoro intermittente, aveva, da un lato, evidenziato come il legislatore non abbia imposto alcun obbligo contrattuale in merito all’orario ed alla collocazione temporale della prestazione lavorativa al fine di lasciare tale determinazione
all’autonomia contrattule delle parti, coerentemente con l’impostazione flessibile e modulabile della disciplina del contratto di lavoro intermittente. Dall’altro, la medesima circolare aveva ribadito a proposito del lavoro intermittente che si tratta “[…] pur sempre di un contratto di lavoro dipendente, ragione per cui la libera determinazione delle parti contraenti opera, quantomeno con riferimento alla
tipologia con obbligo di risposta alla chiamata del datore di lavoro, nell’ambito della normativa di legge e di contratto collettivo applicabile, con specifico riferimento alla disciplina in materia di orario di lavoro.”.
Alla luce del quadro normativo sopra riportato, la facoltà concessa dalla legge al datore di lavoro di attivare il contratto di lavoro intermittente rispetto ad esigenze e tempi non predeterminabili, non consente di escludere l’applicazione delle disposizioni in materia di lavoro straordinario e delle relative maggiorazioni retributive, nel rispetto delle disposizioni del decreto legislativo n. 66 del 2003
e di quanto eventualmente previsto dal contratto collettivo applicato al rapporto di lavoro.

Inail: classificazione dei sistemi di protezione individuale dalle cadute

Ottobre 22, 2018 By: PolissFormazione Category: INAIL, SICUREZZA SUL LAVORO

sistemi di protezione individuale dalle cadute, che vengono frequentemente utilizzati nei cantieri temporanei o mobili durante le attività in quota, “vanno utilizzati nei casi in cui, a seguito della valutazione dei rischi, le caratteristiche intrinseche dei luoghi di lavoro, le procedure di lavoro dell’azienda che effettua l’attività e l’adozione di dispositivi di protezione collettiva non permettono di ridurre a livello accettabile i rischi specifici. Solo in questi casi diventa indispensabile adottare tali sistemi di protezione individuale dalle cadute che devono essere idonei allo scopo”.

Il documento fa parte dei “ Quaderni Tecnici per i cantieri temporanei o mobili” – pubblicati dall’Inail come aggiornamento di analoghi Quaderni Tecnici prodotti nel 2014 – e forniscono non solo informazioni su leggi, circolari e norme tecniche specifiche, ma possono aiutare gli operatori a individuare e perfezionare metodologie operative per il miglioramento delle misure di prevenzione.

La destinazione e i riferimenti dei sistemi di protezione individuale dalle cadute

Nel documento si indica che i sistemi di protezione individuale dalle cadute sono un assemblaggio di componenti, “destinati a proteggere il lavoratore contro le cadute dall’alto, comprendenti un’imbracatura ed un sistema di collegamento che deve essere collegato ad un punto di ancoraggio sicuro”.

 

Riguardo poi alla destinazione d’uso si ricorda ancora una volta che nei lavori in quota, “qualora non siano state attuate misure di protezione collettiva, è necessario che i lavoratori utilizzino sistemi di protezione individuale idonei all’uso specifico e composti da diversi elementi, non necessariamente presenti contemporaneamente, conformi al Regolamento (UE) 2016/425, ovvero recanti la marcatura CE quali, ad esempio:

  • Dispositivo di ancoraggio non permanente;
  • Connettore;
  • Cordino (arresto caduta, trattenuta, posizionamento sul lavoro);
  • Assorbitore di energia;
  • Imbracatura per il corpo;
  • Cintura di posizionamento sul lavoro;
  • Cintura di trattenuta;
  • Dispositivo anticaduta di tipo retrattile;
  • Dispositivo anticaduta di tipo guidato comprendente una linea di ancoraggio flessibile;
  • Dispositivo anticaduta di tipo guidato comprendente una linea di ancoraggio rigida”.

Come sempre la parte più modificata nell’aggiornamento del 2018, rispetto all’edizione del 2014, è quella relativa ai documenti di riferimento per i sistemi di protezione individuale dalle cadute:

  • Regolamento (UE) 2016/425 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 9 marzo 2016 sui dispositivi di protezione individuale e che abroga la direttiva 89/686/ CEE del Consiglio;
  • D.lgs. 81/08 e smi – Attuazione dell’articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro;
  • UNI 11158:2015 – Dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto – Sistemi di protezione individuale delle cadute – Guida per la selezione e l’uso;
  • UNI EN 363:2008 – Dispositivi individuali per la protezione contro le cadute – Sistemi individuali per la protezione contro le cadute.

 

La classificazione dei sistemi di protezione individuale dalle cadute

Veniamo invece alla classificazione dei sistemi di protezione individuale dalle cadute che vengono raggruppati secondo la UNI EN 363: 2008 e comprendono:

  1. Sistema di trattenuta: “sistema di protezione individuale dalle cadute che impedisce al lavoratore di raggiungere le zone dove esiste il rischio di caduta dall’alto.
  2. Sistema di posizionamento sul lavoro: sistema di protezione individuale dalle cadute che permette alla persona di lavorare sostenuta, in tensione/trattenuta, in maniera tale che sia prevenuta la caduta.
  3. Sistema di accesso su fune: sistema di protezione individuale dalle cadute, che permette al lavoratore di andare e tornare dal posto di lavoro in maniera tale che sia impedita o arrestata la caduta, utilizzando una fune di lavoro e una fune di sicurezza, collegate separatamente a punti di ancoraggio sicuri.
  4. Sistema di arresto caduta: sistema di protezione individuale dalle cadute che limita la forza d’urto sul corpo del lavoratore durante l’arresto caduta.
  5. Sistema di salvataggio: sistema di protezione individuale dalle cadute con il quale una persona può salvare se stessa o altri, in maniera tale che sia prevenuta la caduta”.

 

Ci soffermiamo oggi in particolare sui sistemi di trattenuta, sui sistemi di posizionamento e sul sistema di arresto caduta.

 

Si indica che un sistema di trattenuta è “un sistema di protezione individuale dalle cadute che evita le cadute dall’alto limitando lo spostamento del lavoratore” e ha, dunque, le seguenti caratteristiche:

  • “limita il movimento del lavoratore in modo che questi non possa raggiungere le zone dove potrebbe verificarsi una caduta dall’alto;
  • non è destinato ad arrestare una caduta dall’alto;
  • non è destinato a situazioni di lavoro in cui il lavoratore necessiti di essere sostenuto dal dispositivo di tenuta del corpo (es. evitare scivolamenti o cadute)”.

 

Riportiamo anche qualche breve indicazione sul sistema di posizionamento sul lavoro che ha, invece, le seguenti caratteristiche:

  • “evita la caduta del lavoratore;
  • permette al lavoratore di posizionarsi nel luogo di lavoro, sostenuto in tensione/ trattenuta;
  • non è destinato ad arrestare una caduta dall’alto”.

Qualora esista il rischio di caduta dall’alto in aggiunta al sistema di posizionamento sul lavoro deve essere utilizzato un sistema di arresto caduta.

 

Il sistema di arresto caduta, che abbiamo visto essere un sistema che “arresta la caduta e limita la forza d’urto sul corpo del lavoratore durante l’arresto della caduta”, ha le “seguenti caratteristiche:

  • non evita la caduta;
  • limita la lunghezza della caduta;
  • permette al lavoratore di raggiungere zone o posizioni in cui esiste il rischio di caduta e, quando si verifica la caduta, l’arresta;
  • fornisce la sospensione dopo l’arresto della caduta”.

SistemiProtezioneCadute2018

I quesiti sul decreto 81: RSPP e coordinatore?

Ottobre 22, 2018 By: PolissFormazione Category: Senza categoria

Quesito

Con riferimento al quesito pubblicato sul quotidiano del 5/9/2018 riguardante i crediti che l’Accordo Stato-Regioni del 7/7/2016 ha riconosciuto al RSPP se vuole svolgere l’attività di coordinatore per la sicurezza nei cantieri temporanei o mobili, vorrei un chiarimento in merito. Nell’Allegato III di tale Accordo sono stati indicati, nell’esempio ivi riportato, i moduli di formazione che un RSPP formatosi con l’Accordo Stato-Regioni del 26/1/2006 deve frequentare per conseguire il titolo per svolgere il ruolo di coordinatore per la sicurezza. Ma quel RSPP, per potere svolgere l’attività di coordinatore, deve essere comunque in possesso anche degli altri requisiti di cui all’art. 98 comma 1 del D. Lgs 81/2008?

Risposta

Il lettore che ha formulato il quesito, facendo riferimento a quanto indicato nell’Allegato III dell’ultimo Accordo Stato-Regioni del 7/7/2016 sulla formazione degli ASPP/RSPP, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19/8/2016, nel quale sono stati riportati i crediti formativi riconosciuti ai vari operatori di sicurezza già in possesso di una formazione prevista dal D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. e che vogliono frequentare altri corsi di formazione obbligatori ai sensi dello stesso decreto legislativo, e facendo riferimento in particolare ai crediti formativi riconosciuti al RSPP che vuole svolgere l’attività di coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione (CSP) e di coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE), chiede sostanzialmente se con il riconoscimento di tali crediti può svolgere direttamente tale attività anche senza essere in possesso degli altri requisiti di cui all’art. 98 comma 1 del D. Lgs 81/2008.

 

Il dubbio espresso dal lettore è sorto, come del resto dallo stesso indicato, con riferimento a quanto riportato nell’Allegato III dell’Accordo Stato-Regioni del 7/7/2016 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 19/8/2018 e precisamente in calce alla pagina 68 nella quale, dopo la tabella di equiparazione fra la formazione acquisita e quella da acquisire, è stato indicato, con una espressione non molto felice e comunque a titolo di esempio di applicazione della tabella stessa, che “un RSPP, formato con l’accordo Stato-Regioni del 26/01/2006, che vuole conseguire il titolo per svolgere il ruolo di Coordinatore per la Sicurezza” è esonerato dal frequentare il modulo giuridico previsto per la formazione del CSP/CSE dall’Allegato XIV del D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. se ha frequentato il modulo A di cui all’Accordo del 26/1/2006 precisando che lo stesso deve comunque frequentare i restanti moduli tecnico (52 ore), metodologico/organizzativo (16 ore) e pratico (24 ore).

Il primo soccorso nei luoghi di lavoro

Ottobre 08, 2018 By: PolissFormazione Category: INAIL, SICUREZZA SUL LAVORO

La normativa conferisce al primo soccorso un ruolo importante all’interno del sistema di gestione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e obbliga il datore di lavoro a formare gli addetti e a organizzare il piano di emergenza.

Dall’organizzazione del sistema di Primo Soccorso aziendale dipende l’attivazione precoce e tempestiva dei primi anelli della catena dell’emergenza che, in attesa dell’arrivo del soccorso avanzato, rappresentano un momento chiave per permettere la sopravvivenza dell’infortunato. Il manuale di primo soccorso fornisce indicazioni normative e sanitarie ad uso delle principali figure coinvolte.

indice del documento:

La gestione del primo soccorso nei luoghi di lavoro

Il primo soccorso nei luoghi di lavoro

Organizzazione del primo soccorso

La valutazione del rischio e la classificazione aziendale

Designazione e nomina degli addetti

Formazione degli addetti al primo soccorso

Attrezzature e dispositivi di primo soccorso

Piano di primo soccorso

Informazione dei lavoratori

Cenni di anatomia e fisiologia

Cenni generali

Apparato cardiocircolatorio

Apparato respiratorio

Apparato muscolo-scheletrico

Sistema nervoso

Occhio

Cute

Supporto vitale di base e defibrillazione precoce

La morte cardiaca improvvisa

La catena della sopravvivenza

La sequenza di BLSD nell’adulto

Ostruzione da corpo estraneo nell’adulto

Il supporto vitale nel traumatizzato

Il trauma in ambiente di lavoro

La catena della sopravvivenza nel trauma

La valutazione dello scenario: identificare i pericoli e agire in sicurezza

La valutazione del lavoratore infortunato

Mobilizzazione del traumatizzato

Presidi per l’immobilizzazione e il trasporto

Principali patologie presenti in caso di infortunio

Lesioni a carico dell’apparato locomotore

Le ferite

Le emorragie

Folgorazione

Lesioni da caldo e da freddo

Lavori in quota

Ambienti confinati o sospetti di inquinamento

Altri interventi di primo soccorso

Sincope e lipotimia

Shock

Edema polmonare acuto

Dolore acuto stenocardico

Epilessia

Crisi asmatica

Reazioni allergiche

Shock anafilattico

Punture e morsi di animali

Traumi oculari

Intossicazione da agenti chimici

PrimoSoccorsoLuoghiLavoro